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Ho già fatto la fila all’ingresso. Per anni. Il Sogno lo pretende. Quando entro, sono già vecchio. Scopro che l’ascensore è rotto. So che i piani alti per le mie gambe stanche sono irraggiungibili. Ma non si può rinnegare il Sogno. E allora salgo lo stesso. Arrivo al primo piano con fatica. Ma rido perché so che il Sogno ripaga sempre i sacrifici che si fanno per raggiungerlo. E riprendo a salire. Faccio gli ultimi gradini che mi dividono dal secondo piano, a quattro zampe. Sputo sangue sul pianerottolo. Ma sono sereno. Perché il Sogno è un po’ più vicino. Mi gira la testa. Mi aggrappo alla ringhiera per rialzarmi. Esausto, mi sporgo. Guardo ancora verso l’alto. Il terzo piano è avvolto nel buio. E’ lontano come un Sogno. Ma quanti piani ci sono? Non riesco a pensarci senza piangere. M’abbandono al suono dolce della tromba delle scale. Guardo in basso. E’ tutto illuminato. Mi lascio andare. Il giorno dopo il portiere elimina i cocci del Sogno dall’androne, e nessuno ha ancora riparato l’ascensore. Un altro è già pronto ad entrare. |